martedì 27 gennaio 2015

Nuova attività nel regime forfettario



Il nuovo regime forfettario per le piccole partite IVA, operativo dallo scorso primo gennaio, ha causato numerosi mal di pancia per le sue indiscutibili falle, tant’è che lo stesso presidente del Consiglio lo ha definito “un autogol” cui porre rimedio.


Ne abbiamo affrontato i caratteri fondamentali in vari articoli (qui, qui e qui), ma dobbiamo tornare sull’argomento in quanto alcuni esperti hanno notato un vero e proprio bug che ha del clamoroso, e potrebbe fare la fortuna di molti contribuenti.
Come si sa, per aderire al regime occorre rispettare una serie di requisiti, fra cui un ammontare di ricavi che non superi una soglia differenziata per tipologia di attività: per i notai, ad esempio, ammonta a 15.000 euro. Chi apre la sua attività per la prima volta e presume di rispettare questi requisiti, può adottare il regime forfettario, fermo restando che se poi le previsioni risultassero errate, dall’anno successivo occorre passare al regime ordinario.


Ed ecco il bug: non è posto alcun limite all’errore nelle previsioni. Con il regime dei contribuenti minimi è previsto che se si supera di oltre il 50% la soglia massima (30.000 euro) si decade con effetto retroattivo già nell’anno in corso, ma nel regime forfettario non esiste nulla del genere. Perciò chiunque potrebbe approfittarne, nel pieno rispetto della legge.
Immaginiamo dunque un notaio che apre la partita IVA nel 2015 con il regime forfettario, pur sapendo che potrà contare su un volume d’affari molto alto. Diciamo 200.000 euro? Bene, avendo superato la soglia di incassi (e forse anche altre limitazioni: pensiamo a quelle sul lavoro dipendente o sui beni strumentali) dal 2016 dovrà necessariamente transitare al regime ordinario.
Intanto, però, per il 2015 rimarrà un contribuente forfettario e pagherà il 15% di imposta secca sul 78% degli incassi. Ed essendo al primo anno, potrà contare anche sulla riduzione di un terzo dell’imponibile. Nell’esempio fatto, il nostro notaio pagherà 15.600 euro in tutto (pari ad appena il 7,8% dei suoi incassi), mentre avrebbe sicuramente pagato molto di più con il regime ordinario. 


Difficile pensare che questo bug non sarà mai risolto, ma sta di fatto che allo stato attuale chiunque voglia aprirsi una partita IVA individuale potrebbe contare su un’agevolazione fiscale a dir poco spudorata, e tuttavia perfettamente legale.

martedì 20 gennaio 2015

Canone RAI ed esenzione per gli anziani



Se il versamento del canone RAI rappresenta uno dei momenti meno amati dell’annata fiscale del contribuente italiano, non tutti sanno che ormai da diversi anni le persone più anziane possono chiedere di essere totalmente esentate dall’odiato balzello.



E’ necessario aver compiuto i 75 anni di età entro la scadenza di legge (e cioè entro il 31 gennaio) e avere avuto nell’anno precedente un reddito annuale lordo non superiore a € 6.713,98. In questo computo rientrano tutti i redditi soggetti alla normale IRPEF o alle sue imposte sostitutive (per esempio gli interessi sul conto corrente) nonché i redditi percepiti all’estero. Non rilevano, invece, il reddito catastale sull’abitazione principale, il TFR e gli altri redditi soggetti a tassazione separata, nonché i redditi esenti da imposte.
E se il contribuente vive insieme ad altre persone? I requisiti sono stringenti: il limite di € 6.713,98 non deve essere superato sommando il reddito proprio e quello del coniuge, mentre gli eventuali ulteriori conviventi non devono possedere redditi propri.
Qualora il cittadino ritenga di possedere tutte le condizioni, può redigere l’apposito modulo e presentare la richiesta di esenzione ad un qualunque ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate. La domanda si presenta una volta sola e assume valore anche per gli anni successivi, purché ovviamente i requisiti siano mantenuti nel tempo.


E se ce ne accorgiamo troppo tardi? Niente paura: è possibile chiedere il rimborso del canone RAI pagato erroneamente negli anni in cui vigevano le condizioni di esenzione, anche se i tempi per i rimborsi fiscali sono sempre molto lunghi.

giovedì 8 gennaio 2015

Regime forfettario dal 2015: adempimenti ed esoneri



Dopo aver approfondito le condizioni di accesso al regime forfettario e aver fatto due conti su quanto si paga in termini di imposte e contributi previdenziali, resta un ultimo capitolo da affrontare: gli adempimenti cui sottostare e quelli da cui invece gli aderenti al regime sono esonerati.
Infatti i propulsori della legge affermano con insistenza che il regime forfettario non brilla certamente in termini di riduzione degli importi da pagare, ma lo fa se andiamo a considerare la semplificazione radicale degli obblighi cui rispondere. E non c’è dubbio che sotto questo aspetto il regime forfettario appare come il più semplice che si sia mai visto, il che dovrebbe consentire fra l’altro una notevole riduzione dei costi del commercialista.


Cosa devono dunque fare gli aderenti al regime?
Per prima cosa, essi devono ovviamente emettere fattura sulle operazioni compiute (o ricevuta o scontrino in caso di esonero dalla fatturazione), ma senza addebitare l’IVA ai loro clienti. Nelle loro fatture o documenti succedanei dovrà però comparire una dicitura che giustifichi l’assenza dell’imposta sul valore aggiunto, che potrebbe suonare come: “Operazione esclusa da IVA ex art. 1 cc. 54-89 L. 190/2014”.
Devono inoltre conservare e numerare tutte le fatture ricevute, ma non hanno la possibilità di detrarre l’IVA sugli acquisti. Come conseguenza, sono esonerati dalla tenuta di qualsivoglia libro contabile, tanto ai fini IVA quanto ai fini delle imposte dirette. L’esclusione da IVA comporta per di più la totale esenzione dagli adempimenti dichiarativi connessi: comunicazione dati, dichiarazione annuale, spesometro.
Gli aderenti al regime dovranno invece predisporre e inviare la dichiarazione dei redditi e pagare l’imposta sostitutiva del 15% secondo le modalità e tempistiche ordinarie, ma è facile presumere che la compilazione sarà molto veloce.


Un altro beneficio è che gli aderenti al regime sono del tutto esclusi dall’applicazione dell’IRAP e degli studi di settore e dei parametri contabili, nonché dalla comunicazione annuale delle operazioni con soggetti residenti in Paesi iscritti nelle black list; inoltre non subiscono mai ritenuta d’acconto sui propri compensi, purché in fattura sia indicata una dicitura del tenore: “Operazione non soggetta a ritenuta d’acconto ex art. 1 cc. 54-89 L. 190/2014”.
I vantaggi indicati nell’ultimo capoverso erano comuni anche al vecchio regime dei contribuenti minimi, ma qui c’è anche una semplificazione in più: i “forfettari” non rivestono mai il ruolo di sostituti d’imposta e dunque non eseguono mai ritenute sui compensi erogati a qualsiasi titolo (né sui propri eventuali dipendenti né su altri soggetti). Questo significa che sono esonerati dagli adempimenti conseguenti, e cioè il rilascio delle certificazioni uniche (gli ex CUD) e l’invio del modello 770. Ciò che dovranno fare, invece, sarà indicare in dichiarazione dei redditi i codici fiscali dei soggetti a cui in condizioni normali avrebbero dovuto applicare la ritenuta nonché gli importi corrisposti.



Ci sono poi alcune adempimenti particolari: nell’ipotesi di esecuzione, a titolo di cliente, di operazioni in regime di reverse-charge oppure di acquisti intracomunitari, all’imprenditore o professionista in regime forfettario toccherà integrare la fattura del fornitore con l’indicazione di IVA e totale nonché versare l’ammontare dell’imposta entro il giorno 16 del mese successivo.