Per i soggetti di
piccole dimensioni che intendono aprire una partita IVA, a partire dal mese di
gennaio arriva una rivoluzione.
Scompare infatti il noto e popolarissimo regime dei contribuenti minimi (anche se chi vi aderiva nel 2014 potrà
mantenerlo ad oltranza per la durata originariamente prevista), oltre ad altri
regimi agevolati meno conosciuti, come quello degli ex-minimi e quello delle
nuove iniziative produttive.
Giunge invece un
nuovo regime contabile agevolato: qualcuno lo chiama “dei nuovi minimi” ma noi
preferiamo usare la locuzione “regime
forfettario”, sia per distinguerlo nettamente dal suo illustre predecessore,
sia perché il tratto caratterizzante è proprio la determinazione a forfait del
reddito da tassare.
Vediamo di
sviscerare, dunque, il nuovo regime contabile a beneficio delle future partite
IVA, tenendo comunque conto che su svariati aspetti di dettaglio attendiamo urgenti chiarimenti e istruzioni da
parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nel primo articolo
di questo nostro tour, identifichiamo innanzitutto chi ha la possibilità di
accedervi: è infatti indispensabile rispettare
congiuntamente numerose condizioni. Per chi possiede tali requisiti, quello
forfettario è il regime contabile
naturale: in altre parole, si accede automaticamente al regime agevolato (a
meno che non si scelga espressamente di rinunciarvi) e vi si può rimanere senza
limiti temporali fino a quando i requisiti rimangono rispettati. Va anche detto
che magari ci sarà il contribuente che al momento non presenta tutti i requisiti
ma magari li acquisirà in futuro, e dunque gli sarà concesso di accedere al
regime forfettario in un’annata successiva (su questo, però, attendiamo
conferme).
Ma in definitiva, quali sono questi benedetti requisiti?
Elenchiamoli punto per punto.
Gli aspiranti
aderenti al regime forfettario devono innanzitutto:
1) Essere
residenti in Italia o, in
alternativa, essere residenti in un’altra nazione comunitaria o appartenente
allo Spazio Economico Europeo (Liechtenstein, Norvegia, Islanda), purché però
almeno il 75% del reddito dell’attività sia prodotto in Italia
2) Esercitare
un’attività che non includa la cessione di fabbricati, aree fabbricabili o
mezzi di trasporto nuovi
3) Esercitare
un’attività per la quale non è previsto l’assoggettamento obbligatorio ad un regime speciale di determinazione del
reddito e/o dell’IVA (agricoltura, editoria, beni usati…)
4) Evitare
di essere soci di società di persone,
associazioni professionali o società a responsabilità limitata soggette al
regime di trasparenza fiscale
Inoltre, con
riferimento all’annata precedente o, in caso di avvio dell’attività, con
previsione per il primo anno, è necessario che:
5) Non
si sostengano costi per lavoro
dipendente o assimilato per oltre 5.000 euro
6) Il
reddito dell’attività di impresa o lavoro autonomo sia superiore al reddito da lavoro dipendente o assimilato
eventualmente detenuto; questa condizione non è richiesta quando la somma di
questi redditi non supera 20.000 euro
oppure quando il lavoro da dipendente o assimilato è venuto a cessare
7) I
beni strumentali posseduti al 31
dicembre non superino la soglia di 20.000
euro al lordo degli ammortamenti. Per determinare questa soglia bisogna rammentare
che:
· si
fa riferimento al costo di acquisto sostenuto o, in caso di bene detenuto in
leasing, al costo sostenuto dal concedente
· i
beni utilizzati in forma promiscua si conteggiano per il 50%; sono ricompresi:
telefoni cellulari, automobili, beni vari utilizzati un po’ per sé e un po’ per
l’attività
· non
sono mai da considerare i beni immobili né i beni di valore unitario inferiore
a € 516,46
8) Gli
incassi annuali non superino la soglia prevista per quella categoria di
attività. Occorre fare attenzione al fatto che non rilevano le fatture emesse
bensì gli incassi effettivamente conseguiti (principio di cassa)
Il requisito che
abbiamo indicato con il numero otto è probabilmente quello più punitivo: sono
infatti tantissimi gli aspiranti “forfettari” che devono rinunciare al regime
agevolato per superamento della soglia di incassi, la quale è oggettivamente
bassa per molte categorie.
Ma come si determina questa soglia? Innanzitutto,
occorre identificare l’attività svolta sulla base della classificazione ATECO2007, facilmente rinvenibile sulle
proprie dichiarazioni fiscali o, in mancanza, sul sito dell’Istat. Qualora si
esercitino più attività, occorre riferirsi a quella principale in termini di
volume d’affari (anche su questo aspetto, però, si attendono maggiori conferme).
Tramite la
classificazione ATECO2007 si individua un preciso codice attività; dopodiché, occorre leggere la tabella ministeriale
che associa ad ogni codice una soglia massima di incassi.
Senza scendere nei
dettagli e rinviando per ogni verifica alla tabella contenuta nell’ultima legge
di stabilità, possiamo indicare in maniera grossolana che tale soglia è pari a:
- € 40.000 per commercianti all’ingrosso e al dettaglio, ristoratori e albergatori;
- € 35.000 per le attività di produzione di alimenti e bevande;
- € 30.000 per i venditori ambulanti di alimenti e bevande;
- € 20.000 per i venditori ambulanti di prodotti non alimentari;
- € 15.000 per i liberi professionisti, gli agenti di commercio e chi opera nell’edilizia;
- € 20.000 per chi non rientra in nessuna delle categorie sopra citate.