mercoledì 26 novembre 2014

Farmacia vaticana e altre spese mediche all’estero



Come ben sanno gli abitanti di Roma e dintorni, nel territorio vaticano sorge una farmacia aperta a tutti. Lungi da noi voler fare pubblicità, ma gli acquisti in quella farmacia sono così frequenti da rendere il problema delle spese mediche all’estero un fenomeno che interessa migliaia e migliaia di contribuenti. Se si pensa a spese mediche all’estero, infatti, non bisogna per forza ipotizzare il milionario che si cura a Los Angeles: può anche essere il ragioniere del piano di sotto che varca il confine solo per comprarsi l’aspirina.




In linea di massima, le spese mediche sostenute all’estero sono deducibili secondo le medesime regole previste per le analoghe spese sostenute nel territorio del nostro Paese. Dato che però la documentazione è redatta da soggetti non sottoposti a verifica da parte dei nostri organi fiscali, occorrono dei requisiti in più.
Innanzitutto, il documento originale deve essere redatto in lingua italiana o, in alternativa, in francese, tedesco, inglese o spagnolo; in quest’ultimo caso, però, occorre allegare una traduzione in italiano a cura del contribuente. Se invece il documento è redatto in una lingua straniera differente da quelle citate, la traduzione deve essere redatta sotto forma di perizia giurata, con tutti gli annessi e connessi. Chiaro che in tale ipotesi il gioco vale la candela solo se la spesa è davvero consistente.
In secondo luogo, dal documento deve risultare in maniera chiara e precisa in cosa consiste la spesa sostenuta: occorre dunque che si possano determinare la natura, la quantità e la qualità degli acquisti.




Infine, occorre che sul documento originale sia presente il codice fiscale del contribuente. Ma niente paura: è consentito aggiungerlo a penna, considerando che i registratori di cassa delle farmacie straniere non sono certo obbligate a riconoscere la nostra tessera sanitaria.

venerdì 21 novembre 2014

Farmaci, parafarmaci e dispositivi medici



Come abbiamo detto, non tutti gli acquisti sostenuti in farmacia si possono considerare come spese sanitarie e dunque non tutto dà diritto alla detrazione del 19%.
Si tratta dunque di imparare a leggere cosa c’è scritto nello scontrino parlante rilasciato dal nostro farmacista di fiducia, per capire cosa ci serve e cosa no.




Possiamo sicuramente prendere in considerazione tutti i prodotti che recano la dicitura “farmaco” o “medicinale” (anche con abbreviazioni come “f.co”, “med.” o analoghe). È vero che il codice numerico che le accompagna appare incomprensibile ai profani, ma non dobbiamo preoccuparcene: il codice è stato introdotto sugli scontrini parlanti per salvaguardare la privacy del contribuente, ma corrisponde ad un medicinale ben preciso contenuto in una banca dati del Ministero della Sanità. Che si tratti di spese sanitarie detraibili, dunque, non ci piove. Sulla stessa falsariga possiamo considerare detraibili anche i ticket nonché i preparati farmaceutici, o galenici che dir si voglia, ossia le medicine preparate in prima persona dal farmacista.
Altrettanto certa è la posizione dei prodotti che recano la dicitura “parafarmaco”: questi infatti non sono detraibili in nessun caso. Inutile insistere con il funzionario del CAF: la legge è chiara e non ci sono piagnistei che tengano.


Ma siccome fino a questo punto appare tutto molto semplice, non poteva mancare una categoria di acquisti assai difficile da interpretare fiscalmente: i dispositivi medici. Sono un vero incubo, ma si tratta di un incubo con cui bisogna fare i conti considerato che spesso il loro importo è molto elevato. Certo è che anche chi ha partorito la normativa in merito doveva avere avuto gli incubi la notte prima ed essersi risvegliato veramente di malumore.
Secondo la circolare n. 20/2011 emanata dall’Agenzia delle Entrate, infatti, i prodotti caratterizzati dalla dicitura “dispositivo medico” (o dalla sigla “DM”) sono detraibili solo se presentano tre requisiti congiunti: dal documento si desume il tipo o nome di dispositivo; il contribuente può dimostrare che il prodotto presenta la marcatura CE; infine, che il contribuente possa dimostrare che esso sia davvero un dispositivo medico.
Il primo requisito è intuitivo: la sigla DM non basta, occorre anche capire in concreto in cosa consiste il prodotto acquistato.
Il secondo requisito è, a parere di chi scrive, assolutamente ridicolo, considerato che nessun prodotto privo di marcatura CE può essere venduto in una nostra farmacia. Comunque, per poter dimostrare la marcatura, occorrerebbe rassegnarsi a conservare la confezione o il bugiardino, se non fosse che, per fortuna, molte farmacie si sono ormai attrezzate con software aggiornati che riportano la scrittura “prodotto con marcatura CE” (o simile) direttamente nello scontrino parlante, e questo è fiscalmente sufficiente.


Quanto all’ultimo requisito, la legge riconosce come dispositivo medico “qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal fabbricante ad essere impiegato nell'uomo a scopo di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di studio, sostituzione o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l'azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi”.
Il contribuente, perciò, quando esegue un acquisto deve poter dimostrare che il prodotto rientri nella definizione descritta. Per fortuna, però, esistono anche alcuni elenchi di dispositivi medici redatti dal ministero della sanità: e pertanto se il prodotto rientra all’interno di questi elenchi, questo terzo requisito si ritiene automaticamente soddisfatto.


In particolare, secondo tali elenchi sono sempre considerati dispositivi medici: lenti oftalmiche correttive dei difetti visivi; montature per lenti correttive dei difetti visivi; occhiali premontati per presbiopia; apparecchi acustici; cerotti, bende, garze e medicazioni avanzate; siringhe; termometri; apparecchi per aerosol; apparecchi per la misurazione della pressione arteriosa; penne pungidito e lancette per il prelievo di sangue capillare ai fini della misurazione della glicemia; pannoloni per incontinenza; prodotti ortopedici (ad es. tutori, ginocchiere, cavigliere, stampelle e ausili per la deambulazione in generale ecc.); ausili per disabili (ad es. cateteri, sacche per urine, padelle ecc..); lenti a contatto; soluzioni per lenti a contatto; prodotti per dentiere (ad es. creme adesive, compresse disinfettanti ecc.); materassi ortopedici e materassi antidecubito; contenitori di campioni di urine o  feci; test di gravidanza; test di ovulazione; test di menopausa; strisce/strumenti per la determinazione del glucosio; strisce/strumenti per la determinazione del colesterolo totale, HDL e LDL; strisce/strumenti per la determinazione dei trigliceridi; test autodiagnostici per le intolleranze alimentari; test autodiagnostici sulla prostata; test autodiagnostici per la determinazione del tempo di protrombina; test per la rilevazione di sangue occulto nelle feci; test autodiagnostici per la celiachia.




martedì 18 novembre 2014

Il contenuto dello scontrino parlante



Fra le varie spese sanitarie che dobbiamo sommare per determinare la detrazione spettante sulla nostra IRPEF, il calcolo più complesso e noioso riguarda gli acquisti alla farmacia




“Complesso” poiché si tratta, solitamente, della montagna di documenti più corposa fra tutte quelle che utilizziamo nella dichiarazione dei redditi; “noioso” poiché gli importi sono spesso assai ridotti e, presi singolarmente, hanno un impatto assai modesto sulle riduzioni d’imposta, anche ricordando che esiste una franchigia di € 129,11. Tuttavia, è bene non sottovalutare questa risorsa, poiché presi tutti insieme questi scontrini potrebbero comunque rivelarsi di valore complessivo interessante. E siccome gli scontrini con gli anni sbiadiscono, è bene farne una fotocopia per premunirsi in casi di futuri controlli.
Perciò, alla farmacia occorre sempre presentare la tessera sanitaria, affinché il nostro codice fiscale appaia in bella mostra nello scontrino; infatti, se non è “parlante” (così si chiama in gergo lo scontrino con indicazione del codice fiscale del contribuente), la spesa non ha alcun valore fiscale.



Quando il CAF o il commercialista esaminano gli scontrini della farmacia, sono sostanzialmente tre i controlli che compiono. I primi due sono facili e immediati: che vi sia per l’appunto il codice fiscale del contribuente e che la data dell’acquisto rientri nel periodo d’imposta interessato. Non avete idea di quante volte chi scrive queste righe ha dovuto scartare scontrini formalmente ineccepibili ma risalenti a due, tre, quattro anni prima.
Il terzo controllo è il più lungo e analitico: cosa è stato comprato? Infatti non tutte le spese sostenute in farmacia sono considerate come oneri sanitari e dunque non sono detraibili. Se il discorso è abbastanza ovvio per dentifrici o zoccoli da spiaggia, non è così immediato quando si tratta di quelle che un po’ tutti chiamiamo genericamente “medicine”, e che invece si distinguono in un numero significativo di sottocategorie. Su questo torneremo nel prossimo articolo.




Per chiudere, facciamo una piccola precisazione: per semplicità espositiva stiamo usando e continueremo ad usare il termine “farmacia”, ma naturalmente non c’è alcuna differenza se gli stessi acquisti sono compiuti presso una parafarmacia, anche quando interna ad un ipermercato.