Concludiamo oggi
il nostro viaggio per conoscere il trattamento
di fine rapporto. Abbiamo analizzato a fondo la disciplina attuale: come si calcola, quanto è tassato, se è possibile chiedere anticipazioni o destinarload un fondo di previdenza integrativa…
Oggi, invece, cerchiamo
di capire cosa cambierà a partire dal
2015. Naturalmente per ora stiamo parlando soltanto di un’ipotesi di riforma, contenuta nel
disegno di legge di Stabilità che deve ancora affrontare l’intero iter
parlamentare. Tuttavia, considerato quanto si è impegnato politicamente il
Governo sull’argomento, appare improbabile che vi siano significative
variazioni rispetto alle intenzioni formulate.
Innanzitutto, va
chiarito che la riforma interessa esclusivamente
i lavoratori del settore privato: niente da fare per i dipendenti pubblici, per evidenti problemi di liquidità nelle casse
dello Stato. Fra i dipendenti privati, inoltre, sono esclusi i lavoratori domestici e quelli del comparto agricolo, per le specificità
che interessano questi particolari settori. Il disegno di legge, comunque,
parla di “via sperimentale”: è perciò probabile che in un successivo momento il
provvedimento sarà esteso anche a queste categorie oggi escluse, anche perché d’altro
canto ci sarebbero evidenti problemi costituzionali legati alla disparità di
trattamento.
Il trattamento
sperimentale partirà dal marzo 2015
(con effetto retroattivo al mese di gennaio) e durerà fino al giugno 2018. Secondo
le intenzioni, è solo a quel punto che si deciderà di mantenere il meccanismo
per sempre oppure di modificarlo o addirittura di cancellarlo.
In secondo luogo,
non si preciserà mai con tono sufficiente elevato che il TFR in busta-paga è
previsto soltanto per coloro che ne
faranno richiesta. È legittimo rifiutare il nuovo meccanismo, e non esiste
alcun silenzio-assenso. Perciò, la novità interesserà solamente i lavoratori
che ne faranno espressa domanda al datore di lavoro, e dopo aver maturato
almeno sei mesi di anzianità. La
richiesta, peraltro, una volta espressa diviene irrevocabile, ma concernerà
solamente il TFR maturato dal 2015 in poi, ferma restando la destinazione
scelta per quello maturato fino al 31 dicembre 2014.
Per coloro che
desidereranno il TFR in busta-paga, è da mettere in conto che non ci sarà alcun
trattamento fiscale agevolato: la retribuzione differita (ormai non più tale)
sarà conteggiata insieme agli altri componenti reddituali e tassata in forma ordinaria. I primi
studi prevedono una tassazione media più alta di circa il 10% rispetto al
sistema agevolato oggi in vigore.
Le imprese che, in
difficoltà di liquidità, potranno erogare il TFR in busta-paga solo con finanziamenti bancari, potranno
ricorrere ad una convenzione con l’ABI che prevede un costo a carico delle stesse
non superiore a quanto pagherebbero ai dipendenti a titolo di rivalutazione del
TFR se si seguisse la strada ordinaria. In pratica, le imprese non dovrebbero
pagare un euro in più rispetto a oggi. Un fondo speciale costituito presso l’INPS,
infine, farà da garanzia a favore delle banche nell’ipotesi che l’impresa non
riesca a rimborsare la banca.