venerdì 26 settembre 2014

L’acconto della TASI 2014



Le imposte locali sulla casa sono cambiate praticamente ogni anno, da qualche tempo a questa parte. E la principale novità (non l’unica peraltro) che ha coinvolto il nostro 2014 è stata il debutto della TASI, il tributo destinato a finanziare i cosiddetti servizi indivisibili del Comune, quelli come l’illuminazione pubblica o il rifacimento dei marciapiedi di cui fruiscono tutti senza che sia possibile distinguere il “consumo” individuale.


Al contrario dell’IMU, la TASI si paga anche sull’abitazione principale (che solitamente, anzi, è stangata più delle altre, anche se non in tutti i Comuni), e il motivo è semplice. Se ipotizziamo un contribuente che vive 350 giorni l’anno nel Comune X e i restanti 15 giorni nella casa al mare nel Comune Y, è ovvio che consuma di più i servizi indivisibili di X, ed è quindi logico che la TASI sulla prima casa sia più salata.
Su come si calcola la TASI magari ritorneremo un’altra volta. Oggi invece ci concentriamo sulle date di versamento per l’anno 2014, argomento assai travagliato considerato che, a causa della novità dell’imposta, molti Comuni sono riusciti a deliberare in materia con molto ritardo e alcuni perfino adesso non ci sono ancora riusciti.
A regime, la TASI si versa in due rate: un acconto da versare entro il 16 giugno e il saldo entro il 16 dicembre. L’acconto è calcolato come pari al 50% della TASI versata nell’anno precedente, posto naturalmente che non vi siano variazioni nel patrimonio immobiliare posseduto. 


Dato che il 2014 è però l’anno di debutto della TASI, ovviamente per quest’anno le regole sono un po’ diverse: per stabilire l’acconto occorre infatti calcolare il tributo complessivo previsto per l’anno in corso (dunque con le aliquote e le detrazioni adottate dal Comune per quest’anno) e dividerla per due. Per il saldo, invece, nulla cambia.
Poiché però, come detto, moltissimi Comuni non hanno fatto a tempo a deliberare in materia, ecco che le date di versamento dell’acconto sono state triplicate: 16 giugno, 16 ottobre e 16 dicembre.
A giugno hanno già versato l’acconto quei contribuenti il cui Comune aveva emanato e pubblicato il regolamento entro il mese precedente. Per gli altri Comuni è stato dato invece tempo fino al 10 settembre per emanare la delibera e al 18 per pubblicarla sulla pagina del Ministero delle Finanze dedicata alla fiscalità locale. Perciò, i cittadini che devono contribuire alla TASI in uno o più di questi Comuni, devono provvedere a fare i calcoli e ad eseguire il versamento entro giovedì 16 ottobre.
Tuttavia, ci sono ancora alcune centinaia di Comuni che hanno mancato anche questo secondo appuntamento. Cosa fare, in questa situazione? La legge parla chiaro: la TASI si verserà in unica soluzione (acconto + saldo) entro il 16 dicembre, applicando alla base imponibile l’aliquota fissata dalla legge, pari all’uno per mille.


A questo punto, come fa il cittadino a sapere come comportarsi? Ritorna utile il suddetto sito ministeriale, dove è possibile fare una ricerca Comune per Comune. Il motore di ricerca è molto facile da utilizzare, perciò ciò che serve non è una grande competenza informatica, quanto piuttosto tanta buona volontà nell’andare a spulciare le delibere comunali.
Non vi resta dunque che collegarvi alla pagina http://www.finanze.it/dipartimentopolitichefiscali/fiscalitalocale/IUC/sceltaregione.htm e... buon divertimento!

martedì 23 settembre 2014

Detrazione per spese veterinarie




Non riuscite a dormire senza avere il vostro gatto sulla pancia? La vostra gioia è quella di farvi trascinare come un fuscello dal vostro alano? Adorate veder correre per la casa un topolino che al mercato vostro padre comprò? Forse li adorerete anche di più quando saprete che Fido e soci possono aiutarvi ad avere un rimborso fiscale più pesante.
Le spese veterinarie, infatti, rientrano fra le categorie di oneri detraibili previsti dalla legge. Attenzione: ripetiamo che si parla di spese veterinarie, e dunque esclusivamente di visite e cure eseguite da un veterinario regolarmente iscritto all’albo. Non parliamo invece degli alimenti, della voliera dell’usignolo, del guinzaglio né di altre spese che non rientrano nel discorso.
Quanto è possibile detrarre? La legge, a dire il vero, non prevede enormi agevolazioni.
Innanzitutto, è presente una franchigia pari a € 129,11: perciò se spendete in tutto l’anno € 229,11 significa che solo 100 euro sono quelli che hanno rilevanza ai fini della dichiarazione dei redditi.
Va chiarito che la franchigia fa riferimento al contribuente e non al singolo animale: se spendete 120 euro per Fuffi e altri 120 euro per Bobby, potrete far valere in dichiarazione € 110,89. Non dovete dunque temere che la franchigia sia da calcolare sulle spese sostenute per ognuno dei vostri piccoli amici.
C’è però anche un tetto massimo da considerare: € 387,34 (inteso come spesa ammissibile oltre la franchigia). Oltre questo limite, le spese sostenute non hanno più rilevanza e potete tranquillamente buttare le fatture.


Perché è la fattura il documento probatorio che vi occorre e che dovrete conservare: assicuratevi che il vostro professionista di fiducia ve la rilasci, che l’intestazione sia giusta e che anche la descrizione della prestazione sia tale da garantire a qualunque controllore che avete davvero sostenuto spese veterinarie e non di altro genere.
Rispettate queste prescrizioni, quali vantaggi fiscali ne conseguono? Dalla vostra IRPEF è possibile detrarre il 19% delle spese dichiarate. Se dichiarate il massimo, e cioè € 387,34, avrete un sconto fiscale di € 73,59 (arrotondato a € 74), che potrete magari investire per una cuccia con tutti i comfort da regalare al vostro amico a quattro zampe.

venerdì 19 settembre 2014

La tua famiglia? Parlane con il sostituto d'imposta!



Qualche tempo fa abbiamo inaugurato il blog con una panoramica sulla normativa fiscale a proposito dei familiari a carico. Un nostro lettore, che si occupa di buste-paga per la sua azienda, ci ha chiesto di ritornare sull’argomento per evidenziare un problema da lui riscontrato nella pratica quotidiana: l’errata convinzione di molti dipendenti (ma il discorso vale anche per i pensionati) che i fatti della propria famiglia riguardino solo loro.



Non è così! Il matrimonio (o la fine di esso) oppure la nascita di un figlio può incidere pesantemente sul carico fiscale dei contribuenti. E se volete una busta-paga più pesante, è bene che il vostro sostituto d’imposta conosca alla perfezione data di nascita, codice fiscale e situazione reddituale di tutti i vostri familiari a carico.
Un altro aspetto segnalato dal nostro lettore è la situazione che si presenta quando magari la moglie del dipendente risulta inizialmente a carico del marito in quanto priva di reddito, ma in un secondo momento anche lei comincia a lavorare. Va ricordato che il limite annuale di € 2.840,51 riguarda i redditi lordi percepiti nell’intero anno solare, dal 1 gennaio al 31 dicembre; perciò, se a gennaio la moglie è disoccupata e a ottobre inizia a lavorare con uno stipendio di € 1.000 lordi al mese, il reddito annuale è di € 3.000 e la detrazione non spetta. Spesso, invece, il dipendente pensa che gli spetti perlomeno in proporzione ai mesi in cui ella era disoccupata.
La comunicazione al datore di lavoro si presenta una volta sola e quanto denunciato rimane valido anno dopo anno; naturalmente, però, in caso di successive variazioni come la nascita di un figlio o la separazione dal coniuge, occorre presentare una rettifica.
Certo, è pur vero che quanto avviene in sede di detrazioni sulle buste-paga o sulle pensioni è comunque costituito da calcoli provvisori e che in sede di dichiarazione dei redditi si tirano le fila e, se avete diritto ad uno sconto fiscale, quello vi arriverà tutto insieme; ma perché aspettare fino all’estate dell’anno successivo quando si può cominciare a percepire i benefici fiscali mese dopo mese?



Collegato a questo discorso, c’è anche quello del cambio di residenza. Fra le tasse da pagare, c’è anche un addizionale all’imposta sul reddito del cui gettito fruisce il Comune. Perciò, se vi spostate da un Comune all’altro, dovete informare il datore di lavoro o lui continuerà a buon diritto ad applicarvi le imposte secondo le regole applicabili alla vecchia residenza.