In queste ore sta
montando la protesta in tutta Italia via via che si prende consapevolezza del
decreto ministeriale che nei giorni scorsi ha ridisegnato le imposte locali sui terreni agricoli. In
realtà gli addetti ai lavori sapevano da molti mesi che il tema era in agenda,
ma l’approssimarsi della scadenza del 16
dicembre aveva fatto pensare che la questione fosse ormai passata in
cavalleria o rinviata all’anno venturo.
E invece no: con
un ritardo che chi scrive non esita a definire inaccettabile, le regole sono
cambiate con effetto retroattivo sull’intero
periodo d’imposta 2014.
Ma, in definitiva,
cosa è successo? L’IMU, come l’ICI prima di lei, non è applicabile sui terreni
agricoli situati in Comuni montani. Per “terreni
agricoli” indichiamo, grossolanamente, tutti i terreni non risultanti aree
fabbricabili ai sensi dei piani urbanistici comunali, indipendentemente dall’effettivo
loro utilizzo a fini di coltivazione o allevamento; ricordiamo, però, che una
norma agevolativa stabilisce che la arre fabbricabili possedute da coltivatori diretti o imprenditori agricoli
(o che li detengono a titolo di comodato, usufrutto, affitto…) sono considerate
a loro volta terreni agricoli.
Per individuare i Comuni montani, invece, ci si rifaceva
ad un elenco contenuto in un decreto emanato nel lontano 1993. Ed è su questo decreto
che sorge la novità, poiché esso è stato sostituito con un nuovo metodo di
individuazione.
Il vecchio elenco,
inutile negarlo, aveva del paradossale, e fra i Comuni montani erano indicate
anche numerose città costiere che magari avevano solo un’isolata collina sul loro
territorio. Rivedere tale elenco in senso restrittivo ha indubbiamente una sua
correttezza.
Il vero problema è
che la modifica avviene adesso, quando magari i calcoli sono già stati fatti,
dato che la scadenza per il saldo IMU è fra meno di due settimane.
Comunque,
protestare serve a poco: la legge c’è e va applicata. Come bisogna comportarsi,
dunque? Sul sito internet dell’Istat esiste un elenco completo dei Comuni
italiani, e, fra i dati statistici presenti, vi è anche l’altitudine del municipio: oggi è quello l’elemento discriminante.
I Comuni sono da
suddividere in tre categorie: quelli
la cui altitudine del municipio supera i 600
metri sul livello del mare; quelli in cui la misura è inclusa fra 281 e 600 metri; e quelli in cui va
da 0 a 280 metri.
I primi sono Comuni
montani a tutti gli effetti: tutti i terreni agricoli ivi presenti sono esenti
dall’IMU; gli ultimi, invece, sono considerati Comuni di pianura e l’IMU la
pagano senza sconti. Il caso più complesso è quello della seconda categoria: i
terreni agricoli sono normalmente soggetti ad IMU, a meno che non siano
posseduti o detenuti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli, a favore dei
quali vige l’esenzione.
Okay, ma quando l’IMU
è dovuta quanto si paga, in concreto?
Dobbiamo prendere il reddito dominicale, rivalutarlo del 25% e poi moltiplicarlo per un fattore pari a 135, oppure 75 se si
tratta di coltivatori diretti e imprenditori agricoli. Il risultato è la base imponibile, che andrà ragguagliata all’effettivo possesso, e
cioè alla quota di proprietà detenuta (qualora vi siano più comproprietari) e ai
soli mesi che ci interessano, qualora il terreno sia stato acquisito o ceduto
durante l’anno.
Sulla base
imponibile ragguagliata occorre infine applicare l’aliquota deliberata dal Comune. Ma poiché quasi tutti i Comuni sono
stati colti in contropiede e per questi terreni non hanno previsto alcuna
aliquota specifica, non resterà che applicare l’aliquota ordinaria dello 0,76%.
A questo punto
molti si domanderanno con terrore: “E la TASI?
Tocca pagare pure quella?”. No, almeno lì si può tirare il fiato. La TASI non si applica mai sui terreni
agricoli, in nessun caso. Una consolazione un po’ magra, ma di questi tempi ci
si deve accontentare.
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