lunedì 10 novembre 2014

Il calcolo delle addizionali



Istituite quasi vent’anni fa, l’addizionale regionaleall’IRPEF e la sua inseparabile compagna, l’addizionale comunale, non presentano eccessive difficoltà di calcolo; questo accade più che altro perché la loro base imponibile deriva direttamente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, e pertanto tutte le complicazioni si annidano semmai in quella sede. Ma una volta che è stato individuato il reddito imponibile ai fini IRPEF, lo stesso valore vale anche ai fini delle addizionali.


Nel dettaglio, si tratta di sommare tutti i redditi soggetti a IRPEF formati nelle singole categorie e dal risultato lordo dedurre il valore fondiario attribuito all’abitazione principale nonché le varie categorie di oneri deducibili, come i contributi previdenziali.
È a questo punto che la strada dell’IRPEF e delle addizionali si biforca: mentre infatti per la prima entra in gioco un’autentica giungla di detrazioni ad abbattere la base imponibile, per le seconde non accade nulla di tutto questo. Pertanto, le spese sanitarie o quelle per ristrutturazioni edilizie, giusto per fare due esempi, non hanno alcun rilievo ai fini delle addizionali.
Il calcolo dell’addizionale regionale, a questo punto, è facilissimo: si tratta di moltiplicare la base imponibile per l’aliquota deliberata dalla Regione. Allo stato attuale l’aliquota massima consentita dalla legge è pari all’1,23%, ma bisogna considerare che già oggi a molte Regioni è consentita a titolo straordinario una maggiorazione percentuale: si tratta degli enti che presentano squilibri nei conti del sistema sanitario, fra cui spiccano Campania, Calabria e Molise con l’aliquota record del 2,03%. Si consideri poi che, a fronte del taglio dei trasferimenti statali, l’ipotesi allo studio è di elevare il tetto massimo dell’aliquota regionale standard al 3,33% (maggiorazioni per squilibri sanitari a parte). Bene chiarire, infine, che molte Regioni non prevedono un’aliquota unica bensì tassi crescenti in funzione degli scaglioni di reddito.


Il discorso è simile per l’addizionale comunale, ma qualche differenza c’è. Innanzitutto, l’aliquota massima consentita dalla legge è oggi dello 0,8% e non sono previsti suoi futuri aumenti, almeno per il momento. Segnaliamo comunque che per la città di Roma, data la sua specificità, è consentita come aliquota massima lo 0,9%, effettivamente applicata dall’amministrazione capitolina per i redditi superiori a 10.000 euro. La base imponibile è la medesima dell’addizionale regionale, e anche in questo caso molti enti prevedono aliquote differenziate per scaglioni di reddito (per le fasce più basse è anzi prevista spesso l’esenzione dall’imposta).




La vera differenza con l’addizionale regionale sta nel meccanismo di versamento: mentre per quest’ultima esso avviene esclusivamente a saldo, per l’addizionale comunale il meccanismo prevede anche un acconto. Pertanto, nel 2014 i contribuenti italiani hanno versato l’intera addizionale regionale e il saldo dell’addizionale comunale sul 2013, nonché l’acconto dell’addizionale comunale sul 2014. Il meccanismo di calcolo dell’acconto sta per andare verso una profonda semplificazione: dal 2015 esso sarà infatti pari al 30% del totale dell’imposta calcolato per l’anno precedente, senza dunque più andare a controllare eventuali cambi d’aliquota deliberate nel frattempo dai Comuni.
È comunque consentito l’utilizzo del metodo previsionale, e si può dunque ridurre spontaneamente l’acconto in funzione del reddito che si prevede effettivamente di realizzare per l’anno in corso.

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